L’onorata società civile Sul Corriere della Sera, a inizio settimana: “Invece i ministri tecnici in carica non ‘peseranno’ allo stesso modo: Andrea Riccardi ha ripetuto che non sarà candidato per restare nella ‘società civile’, mentre…”, ecc. ecc. Dove pensava che lo volessero portare, il tecnico-cattolico-ministro (praticamente un incarico e tre professioni): allo zoo comunale? in curva allo stadio? tra “i watussi, gli altissimi negri”? Il mantra lagnoso della società civile – i meglio, i buoni, gli onesti, onesti sempre e soprattutto, magari coglioni, a volte sì, ma onesti comunque – che sempre si ripresenta, adesso travalica ogni fragile argine rimasto in difesa del buonsenso e della logica. Stefano Di Michele 13 GEN 2013
Basta stupidi cinguettii, evviva la Merkel che a Twitter fa “cucù!” Mica si può del tutto escludere di poter dire qualcosa di memorabile in 140 battute – genere: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò…” ecc. ecc., “Obbedisco!”, “Tu quoque, Brute, fili mi?” (più o meno quello che va ripetendo Bersani a Monti), “Non chiederti cosa fa lo stato per te, ma chiediti cosa fai tu per lo stato”, “Il Papa? Quante divisioni ha?”, “Sarò un Presidente operaio”, fenomenale questa, ecc. ecc. – ma non è facile. Se non si è Oscar Wilde o Karl Kraus, o almeno uno dei Simpson, dallo stitico cinguettio sarebbe meglio tenersi alla larga. Stefano Di Michele 08 GEN 2013
Spike Lee ne soffre, ma la parola “negro” esiste anche lontano dai razzisti Però – può non piacere, e certo poco piace – la parola “negro” esiste. Nelle più pessime intenzioni (un coglione razzista – se non si vuol applicare il politicamente corretto pure al coglione – la userà in un certo modo), per le migliori edificazioni (sul romanzo “Ragazzo negro” di Richard Wright le mejo coscienze democratiche si sono formate), per i più innocenti divertimenti danzerini (“siamo i watussi / gli altissimi negri…”), per le più classiche edificazioni (“pittore ti voglio parlare / io sono un povero negro…”). Stefano Di Michele 30 DIC 2012
Toh, l’animalista è di destra Michela Vittoria Brambilla – l’on. Brambilla, l’ex ministro Brambilla, la pasionaria berlusconiana MVB – ha una vena dorata di bella follia, e abbastanza buonsenso e bastevole compassione per gettarsi nel combattimento in battaglie che, pur vorticosamente avanzando su alti tacchi e scuotendo la chioma rossa, la convenienza consiglierebbe di evitare. Per essere animalisti bisogna essere un po’ matti (matti con ragione, di ragionevole pazzia, si capisce). Stefano Di Michele 25 DIC 2012
Ingroia, la candidatura e la storia di un presepe nascosto tra le poltrone “Io ci sto!” – inizia a declamare la bella presentatrice. “Pure noi!” – risponde una voce dalla sala (e s’intende, essendo qui tutta “società civile e politica pulita”, un aggregarsi alla nobile causa, mica uno scivolone verso l’olgettinismo). Scruta scruta, nella penombra – ce n’è più che nel folto della foresta guatemalteca – ma Ingroia ancora non si vede. “Ingroia non può salire sul palco se non liberano gli spazi laterali. Non viene da qui, viene dal retro...”. Per la verità viene dal Guatemala – e per inciso, l’unica effettiva (seppur indiretta) materializzazione dei chiacchierati Maya nel giorno tanto atteso della sfiga planetaria: tutto qua, alla fine, macché profezia, solo pm. Stefano Di Michele 21 DIC 2012
Decriptazione di una ultra bocconiana discesa in campo Solo una differenza – mica da poco, ma una sola: finora Monti veniva mandato in campo (dal Cav. in Europa, da Napolitano a Palazzo Chigi), adesso scende in campo. Per il resto, è già un generalizzato (ri)annotare del dignitoso loden bocconiano (causa basse temperature, causa carenza ulteriori elementi di colore) e il block notes che ebbe il suo momento di gloria nell’autunno dell’anno scorso. Stefano Di Michele 20 DIC 2012
“Non smetto perché non posso smettere” Il corpo della democrazia Forse sta qui a morire, Marco Pannella. Qui nell’atrio di questa clinica a pochi passi dal mito anni Sessanta del Piper, una Madonna (da intendere Nostra Signora della Mercede, cui la struttura è degnamente intitolata) che scruta bianca e alta dall’angolo del cortile, suore che passano e guardano e sorridono – pure se Pannella sgrana gli occhi, e rovescia ogni tanto un raucoso, strozzato (e affettuoso: d’impazienza, d’affetto) “non capisci un cazzo!”, e sul tavolino lì davanti mucchi di vecchi numeri di Famiglia Cristiana e pure della mariana rivista l’Eco di Bonaria. Forse sta per morire, Marco. Stefano Di Michele 18 DIC 2012
Fini cerca famiglia Ora che “in sul calar del sole” si trova la legislatura, e che “la mossa del cavallo” del Cav. (che altro?) ha (ri)gettato scompiglio sulla scacchiera tutta, brianzola e teutonica, mentre il centro s’aggroviglia pitonicamente, s’ingarbuglia, s’apparenta e si sparecchia, tutto nel giro di ventiquattr’ore – partiam! partiam!, e un passo non si schioda – ecco che il destino politico di un uomo pare giungere a compimento. Mesto compimento, purtroppo, al momento – quello di Gianfranco Fini. Stefano Di Michele 12 DIC 2012
Alfio, er bello de Roma Forse fu la profezia di Fidel, roba di venti anni fa. Forse fu la rassicurazione di Gianni Letta, al solito con solide fondamenta. O gli incontri mattutini con Massimo D’Alema, nella bella casa in pieno centro (“Un giorno fui chiamato da Massimo D’Alema che mi voleva parlare. Ci incontrammo, in modo segreto, in casa di Alfio Marchini, un appartamento nel quale si entrava da via Condotti e si usciva da via Frattina”, dal racconto di Francesco Cossiga). O i rimpianti della Moratti (do you remember Moratti, Letizia?) quando stava in Rai: “Alfio, torna con noi”. Stefano Di Michele 10 DIC 2012
Storia di Crosetto e della sua resistenza a Berlusconi Sarà la figura – alta alta e grossa grossa: “sono 2 m. x 118 kg”, è l’esatta sua caratura che autodenuncia su Twitter – di Crosetto che abbandona, curvo e con la lacrima al ciglio, gli studi mattutini di “Omnibus”, a farsi così simbolo della giornata più pazzotica e sghangherata (e in affannoso Te Deum finale voltata) vissuta dal Pdl che fu berlusconiano e ora più figlio di nessuno. Con il caffé ancora sul gas, ecco sullo schermo apparire l’onorevole – non si capisce bene se fatica più a tenere il pianto o a tenere la rabbia – che saluta con garbo tutti gli altri, spiega le sue buone ragioni, “mi sono stufato, mi sono rotto”, a va. Adieu. Stefano Di Michele 07 DIC 2012